martedì 28 febbraio 2012

LE MENZOGNE SULLA RISERVA FRAZIONARIA E I SOLDI DEI RISPARMIATORI INVESTITI IN FINANZA


Anticipo subito che l’argomento che affronteremo oggi è un po’ lungo e spinoso dal punto di vista concettuale, ma rappresenta la base indispensabile per capire come funziona il sistema bancario e monetario moderno nel suo complesso. Una volta capito il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria, non esiste in effetti altro ambito teorico o procedurale che non possa essere spiegato utilizzando la falsa e ingannevole applicazione del concetto in questione. Dalla distorta impostazione del processo di creazione della riserva frazionaria discendono infatti a cascata tutte le anomalie e storture del sistema monetario basato sul regime fiat money (creazione di denaro dal nulla senza vincolo di convertibilità in oro o altro bene reale di scambio), che ricordiamo è stato avviato a partire dal 1971, anche se la maggioranza degli addetti ai lavori ha preferito nascondere e trascurare gli effetti pratici del grande cambiamento avvenuto e sono stati sempre troppo pochi quelli capaci di comprendere le conseguenze di questa incredibile rivoluzione epocale.

In maniera molto sintetica, la riserva frazionaria rappresenta quella parte di denaro depositato dai clienti o raccolto tramite emissione di titoli obbligazionari che la banca è costretta ad accantonare e mettere da parte per evitare di trovarsi a corto di liquidità nei momenti di necessità. Questa pratica discende dalla constatazione puramente statistica fatta dagli antichi orafi e banchieri, secondo la quale soltanto una parte minima dei clienti che depositavano l’oro in cambio di banconote o di certificati di deposito tornava poi in banca per ritirare materialmente l’oro depositato e riconsegnare le banconote. Già da questa prima evidenza storica ed empirica si può capire come oggi, che non esiste più la convertibilità in oro e nessun cliente potrà mai recarsi in banca per reclamare questo diritto, non avrebbe più senso tenere in vita una pratica anacronistica e del tutto inadatta ad interagire con i nuovi circuiti telematici di circolazione della moneta.

lunedì 27 febbraio 2012

MODERN MONEY THEORY MMT, PRIMA LEZIONE SUI DEFICIT DEL SETTORE PUBBLICO E PRIVATO


Iniziamo oggi un percorso di approfondimento degli elementi tecnici che caratterizzano la teoria monetaria della Modern Money Theory MMT, prendendo spunto dalle lezioni di uno dei maggiori esponenti di questa corrente di pensiero, l’economista americano Randall Wray, pubblicate direttamente sul sito New Economic Perspectives. Queste semplici spiegazioni tecniche, che formano i pilastri fondamentali della teoria, non sono rivolte ad un pubblico ristretto di esperti in macroeconomia, ma hanno l’obiettivo di essere comprensibili ad una vasta platea di lettori privi di qualsiasi formazione tecnica specifica. Mi sono permesso di modificare parti del testo per rendere la lettura ancora più semplice e scorrevole, ma chiunque sia interessato può verificare la traduzione integrale letterale con il testo in inglese a fronte sul blog La seconda attenzione, a cura di Niccolò Sgaravatti.

Ricordiamo che Randall Wray è professore di economia presso l’Università del Missouri-Kansas City ed è un ricercatore associato senior del Center for Full Employment and Price Stability (Centro per la Piena Occupazione e la Stabilità dei Prezzi) e del Jerome Levy Institute of Bard College. Il professore Randall Wray è stato un alunno di un altro grande economista come Hyman Minsky presso la Washington University di St Louis e ha ottenuto la sua prima cattedra in economia nel 1988. Randall Wray è un sostenitore della teoria di Minsky dello stato come “datore di lavoro di ultima istanza” (employer of last resort) per coprire tutte le inefficienze del mercato e ha scritto parecchi libri sul tema della piena occupazione e dei vantaggi delle politiche di spesa pubblica a deficit (deficit spending) dello stato. Il professore Randall Wray sostiene che il ruolo della politica è quello di mirare alla soluzione della crisi economica puntando alla piena occupazione invece di far ricadere i costi della recessione sui lavoratori e i giovani con il risultato di aumentare la folta schiera di disoccupati e precari. “La piena occupazione è possibile, l’economia umana deve essere anche razionale” ha detto Wray in una recente intervista.  

venerdì 24 febbraio 2012

FITCH CONFERMA: LA CRISI FINANZIARIA IN ISLANDA E’ FINITA E LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA CONTINUA







Mi associo anche io all’appello di rendere pubblico questo video in cui con buona sintesi descrittiva viene spiegato cosa è accaduto in Islanda dal momento dello scoppio della crisi finanziaria nel 2008 fino ad oggi. Chiarisco subito di non essere uno di quelli, che sulla scia del sogno romantico e libertario, crede che in Islanda un manipolo valoroso di eroi vichinghi, i buoni, abbia fronteggiato e sconfitto il tentativo di invasione dei terribili poteri finanziari mondiali, i cattivi, rappresentati dal Fondo Monetario Internazionale FMI. Perché le cose purtroppo non stanno esattamente così e più avanti vedremo che i dati e i documenti ufficiali dicono altro.


Tuttavia è indubbio che l'Islanda sia diventata da qualche tempo un vero e proprio osservatorio finanziario e laboratorio di sperimentazione politica, dai risvolti ancora incerti e imprevedibili, a cui bisognerebbe prestare molta più attenzione: il vero scandalo è che una rivoluzione avvenuta nei fatti in Islanda sia passata sotto silenzio nel resto del mondo. E’ questa la caratteristica più importante del caso islandese. Ed è per questo motivo che bisogna continuare a parlare di Islanda, iniziando magari dai dati più recenti e facendo poi delle considerazioni finali.

mercoledì 22 febbraio 2012

INCREDIBILE MA VERO: I GIORNALISTI MAINSTREAM PARLANO DI MODERN MONETARY THEORY (MMT)


Qualcosa di incredibile sta avvenendo nel giornalismo mainstream di regime, perchè due giornalisti, Federico Rampini di Repubblica e Andrea Telara di Panorama hanno deciso nello stesso giorno (coincidenza?) di rompere il muro di gomma che ancora sembrava imprigionare nel silenzio le nuove teorie monetarie americane elaborate dal gruppo di lavoro della Modern Monetary Theory MMT (o Modern Money Theory, per i meno raffinati). I due giornalisti parlano di queste teorie con la stessa superficialità e noncuranza con cui si tratta un argomento da salotto o un semplice fenomeno di costume, però mi sembrava giusto segnalare che qualcosa si sta muovendo anche nei palazzi ovattati di quelli che difendono il sistema ad ogni costo e pensano che qualsiasi vero cambiamento sociale possa nuocere alla loro carriera.

Dal punto di vista tecnico, la loro conoscenza della materia è davvero lacunosa e frammentaria (pensano in pratica che la MMT sia solo un utilizzo più marcato dell’arma del debito pubblico da parte dei governi, senza spiegare concretamente il motivo per cui gli economisti americani sostengono che il debito sia un falso problema), ma possiamo sicuramente affermare che un primo passo importante è stato fatto verso la diffusione di nuove metodologie per affrontare i disastri dell’attuale crisi finanziaria e i dilemmi del sistema monetario moderno: chissà che qualcuno dei lettori dei due giornali non si incuriosisca davvero e cominci ad approfondire seriamente l’argomento. Leggendo i due articoli, mi ha molto stupito che entrambi i giornalisti non hanno menzionato (volutamente o involontariamente?) i seguenti tre punti fondamentali della teoria:

martedì 21 febbraio 2012

I PRESTITI LTRO DELLA BCE SONO RISERVE BANCARIE E NON CIRCOLANO NELL’ECONOMIA REALE


Non ho parole. Questo è stato il commento lapidario ed istintivo ad un articolo letto sul sito La voce.info, scritto dal sedicente economista Francesco Daveri (un bocconiano doc, vedere la sua biografia per credere), dal titolo già di per se abbastanza eloquente: “La Caporetto sulla crescita e i due Mario sul Piave”. L’autore di questo articolo, che ad una lettura più attenta sembra più che altro una velina inviata dall’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio o recapitata direttamente dalla sede di Francoforte della BCE, si avvitava in una serie improbabile di sperticati elogi alla sagace politica del primo ministro Mario Monti e alla raffinata strategia monetaria del governatore della BCE Mario Draghi.
Bene. Fin qui nulla di strano, perché chiunque può essere d’accordo o no, favorevole o meno ad una certa linea politica oppure ad una determinata ideologia economica, ma la cosa più raccapricciante dell’articolo, che consiglio di leggere per intero, è la fondatezza delle teorie espresse a difesa dei due Mario: false, dalla prima all’ultima riga, e completamente fuorvianti. Per brevità riporto soltanto l’apologia di chiusura dell’articolo, in cui l’esimio economista si contorceva in appassionate liturgie fideistiche e complicate analogie storiche, riconoscendo al venerabile Mario Draghi il merito di avere ridato fiato e speranza alla voglia di riscatto di tutta l’economia europea:

venerdì 17 febbraio 2012

LA GERMANIA NON E’ MAI STATA LA LOCOMOTIVA DELL’EUROPA, MA IL RIMORCHIO


L’affermazione che la Germania sia la locomotiva dell’eurozona è uno dei luoghi comuni più superficiali e falsi che viene ancora sostenuto con forza dai politici, economisti e giornalisti di regime (sia di destra che di sinistra), che cercano di convincere e illudere i propri adepti e lettori a seguire i passi del miracolo tedesco per ottenere una pronta ripresa dell’economia italiana. L’attenta analisi dei dati e delle variabili economiche dice invece una verità ben diversa: la Germania è stata il rimorchio dell’eurozona, perché senza il traino e le massicce importazioni di prodotti tedeschi da parte dei paesi della periferia il miracolo tedesco non sarebbe mai avvenuto.

Questo articolo prende spunto dalle interessanti e condivisibili analisi del professore di economia Alberto Bagnai espresse sul suo ottimo blog Goofynomics, in cui il professore non senza ironia prende in giro tutti coloro che ancora si ostinano a non volere capire cosa è accaduto nei 17 paesi dell’eurozona negli ultimi 10 anni. Tralascerò volutamente alcuni dettagli tecnici (che possono essere ritrovati sui vari post di Bagnai dedicati all’argomento, che fra l’altro consiglio a tutti di leggere perché spassosissimi e pieni di citazioni dotte e letterarie) e mi concentrerò invece su quello che mi preme di più evidenziare: la logica ferrea delle argomentazioni messe in campo, che partendo da precisi eventi storici hanno poi trovato conferma nei dati dell’economia. Ovviamente le considerazioni del professore Bagnai sono soltanto un fondamentale punto di partenza, mentre tutto il resto è farina del mio sacco.

mercoledì 15 febbraio 2012

POSITIVE MONEY, CHI DEVE EMETTERE LA MONETA E COME SI EVITA L’INFLAZIONE


Riprendiamo il percorso di approfondimento e chiarimento della riforma monetaria proposta dal movimento inglese Positive Money, di cui abbiamo già analizzato la struttura di massima in un precedente articolo. Il progetto parte e si sviluppa dall’evidenza sperimentale che il 97% della moneta attualmente circolante viene creata ogni volta che una banca commerciale concede un prestito ad un cliente e apre a suo nome un nuovo deposito bancario. Questo tipo di moneta un tempo veniva chiamata  “moneta scritturale”, perché comportava la compilazione di alcuni documenti contabili, ma ai nostri giorni può essere più agevolmente definita “moneta elettronica”, perché i flussi di dati e informazioni viaggiano tutti su circuiti telematici.

Il restante 3% è rappresentato dalle banconote stampate dalla banca centrale e dalle monete coniate dalla zecca di stato. Avendo queste ultime un peso trascurabile all’interno del più ampio processo di circolazione della moneta, è chiaro che qualunque seria riforma debba prendere in considerazione principalmente i flussi della moneta elettronica, impedendo alle banche commerciali di potere “creare dal nulla” nuova moneta ogni volta che viene concesso un nuovo prestito. Molti pensano ancora che le banche facciano i prestiti in base ai depositi versati dai risparmiatori, ma nella pratica quotidiana accade esattamente il contrario: le banche concedono prestiti e poi aprono nuovi depositi per i clienti mutuatari. Il progetto Positive Money ha reso impraticabile questo percorso tramite la suddivisione dei conti correnti e di deposito in due categorie principali: Transaction Account TA e Investment Account IA.

lunedì 13 febbraio 2012

CARTOLARIZZAZIONE, DERIVATI E REGOLAMENTAZIONE DELLA FINANZA

Pubblico oggi un articolo davvero molto interessante e ben scritto comparso sul sito Inchiesta on Line, che affronta le due maggiori innovazioni finanziarie che hanno trasformato e continuano a condizionare, purtroppo in peggio, la vita economica di ogni nazione: la cartolarizzazione, ovvero la vendita di titoli legati ai prestiti già concessi e l’introduzione dei derivati, che rappresentano delle vere e proprie scommesse su eventi futuri che finiscono spesso per cambiare l’evoluzione dell’evento stesso.
In occasione della presentazione del suo libro “Finanzcapitalismo”, l’autore Luciano Gallino esamina con una chiarezza espositiva davvero encomiabile i fenomeni di cambiamento che sono tuttora in corso nell’ingarbugliato mondo finanziario e propone alla fine dell’articolo alcune strade da seguire per iniziare un serio processo di regolamentazione della finanza, che non si limiti soltanto a slogan o proposte propagandistiche che si concludono spesso in un mantenimento ad oltranza della situazione attuale ampiamente fuori controllo. Consiglio la lettura a chiunque sia interessato a capire come funziona e cosa sta accadendo oggi nel mondo della grande finanza.

venerdì 10 febbraio 2012

IL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITA’ MES (ESM) SARA’ UNA POTENTE BANCA SOVRANAZIONALE


In questi ultimi giorni l’attenzione di molti osservatori e critici del progetto dell’eurozona, compresa la mia, si è molto concentrata sull’accordo intergovernativo Fiscal Compact, che prevedendo l’inserimento della norma del pareggio di bilancio all’interno delle costituzioni nazionali dei 25 paesi aderenti creerà non pochi problemi di cessione di sovranità democratica e perdita di autonomia finanziaria. Ma in effetti c’è un altro accordo che lega soprattutto i 17 paesi dell’eurozona ad un’ulteriore consegna di principi e diritti costituzionali inalienabili ad un ente giuridico terzo sovranazionale e non democraticamente eletto: il trattato per l’istituzione del fondo permanente, chiamato Meccanismo Europeo di Stabilità MES (ESM in inglese, European Stability Mechanism).

A farmi ragionare sul significato della parola “permanente” è stato un video in cui la studiosa di economia e diritto Lidia Undiemi lanciava un appello al popolo italiano per impedire la costituzione di questo ente sovranazionale autonomo, indipendente e con poteri straordinari chiamato MES all’interno dell’Unione Europea (non sarebbe il primo, perché già abbiamo la Commissione, il Consiglio europeo e la banca centrale BCE). E così sono andato a leggermi il dossier in cui la dottoressa Undiemi con toni piuttosto allarmistici descriveva i pericoli della fondazione di questo MES e ho spulciato il testo completo del trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità, trovando in effetti parecchi motivi di preoccupazione (come sempre accade leggendo i documenti che provengono da questa istituzione monocratica, autoritaria e autoreferenziale chiamata Unione Europea, alla fine trovi molte più ombre che luci).

mercoledì 8 febbraio 2012

IL CROLLO DELL’EURO SARA’ UN EVENTO SIMILE ALLA FINE DEGLI ACCORDI DI BRETTON WOODS


Continuiamo il nostro viaggio nel cuore del sistema finanziario europeo: TARGET2, il sistema di regolamento e compensazione dei pagamenti fra le banche private e centrali dei 17 paesi dell’Eurozona. Nell’articolo di ieri abbiamo visto che prima del 2008 il sistema era tutto sommato in equilibrio, perché i maggiori volumi di esportazioni di beni dalla Germania verso i paesi della periferia (PIIGS, Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) erano stati compensati dall’acquisto di titoli finanziari (pubblici e privati) di questi stessi paesi da parte delle banche private tedesche, che si erano ritrovate con un eccesso di riserve da investire.

Dopo lo scoppio della crisi dei conti pubblici della Grecia nel 2008, la situazione è cambiata radicalmente perché le banche tedesche hanno interrotto i loro investimenti finanziari e i trasferimenti di riserve nei paesi della periferia, rendendo evidenti gli squilibri commerciali fra i 17 stati dell’Eurosistema. La Germania che ha continuato ad esportare i suoi prodotti nella periferia ha accumulato circa 500 miliardi di euro di credit TARGET nella sua banca centrale Bundesbank, mentre i paesi PIIGS che non ricevevano più adeguati finanziamenti tedeschi per rimarginare il loro gap commerciale, hanno totalizzato complessivamente la stessa quantità di debiti TARGET presso le rispettive banche centrali.

lunedì 6 febbraio 2012

I DEBITI SI PAGANO, MA SE I DEBITI VENGONO FATTI CON IL SISTEMA TARGET2 SONO ILLEGITTIMI


I debiti si pagano. Questo è un principio basilare senza il quale l’economia non potrebbe più andare avanti, perché se il debitore non si impegna per ripagare i suoi conti pendenti e le merci che ha utilizzato in passato, il creditore smetterà di concedergli ancora altri prestiti e il rapporto di scambio fra i due si interrompe. L’economia vista da questa prospettiva è un affare molto semplice: due persone decidono di scambiare i loro prodotti, e se uno dei due momentaneamente produce poco l’altro gli fa un piccolo favore di fiducia e fornisce ugualmente i suoi beni in cambio di un pegno, di un documento di credito, di un certificato, di una certa quantità di soldi. In attesa però che il debitore riscatti la sua cambiale e consenta al creditore di avere quella quota di beni che non ha ancora ricevuto, riconsegnando indietro quegli stessi soldi, il documento di credito, il certificato e così via.

Ma cosa accade invece se il debitore non produce più abbastanza? Può continuare a indebitarsi all’infinito in attesa di produrre qualcosa che possa ripagare il creditore? Oppure ad un certo punto bisogna mettere un limite alla sua capacità di acquisire prodotti a credito? Questo in estrema sintesi è ciò che è accaduto in Europa negli ultimi 10 anni, dove fra i 17 anni paesi che utilizzano l’euro si è formato un creditore principale, la Germania, e una serie di debitori della fascia periferica, identificati con l’umiliante acronimo di PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna). Vista così la questione risulta già chiusa, risolta, la Germania ha ragione e i “paesi spendaccioni” della periferia hanno torto, devono pagare. Ma in effetti, per capire dove sta esattamente il confine fra le ragioni delle due controparti e il motivo per cui il meccanismo si è inceppato, bisogna entrare dentro gli ingranaggi e arrivare dritto al cuore del sistema finanziario europeo. Bisogna parlare di TARGET2.

sabato 4 febbraio 2012

IL QUANTITATIVE EASING DELLA FED STA ESPORTANDO L’INFLAZIONE NEI PAESI EMERGENTI


Qualche giorno fa il governatore della banca centrale americana Federal Reserve Ben Bernanke (foto a sinistra) ha dichiarato pubblicamente che il federal fund rate (il principale tasso di riferimento a breve termine su cui vengono modulati tutti gli altri tassi di interesse nel circuito interbancario) verrà mantenuto agli attuali livelli prossimi allo zero (0%-0,25%) fino al 2014. Non  solo. Bernanke ha anche annunciato che prevede di immettere nel mercato un’ulteriore massiccia iniezione di liquidità comprando 2 trilioni di dollari (2000 miliardi) di titoli di stato americani e titoli derivati MBS (Mortgage Backed Security, titoli garantiti legati a mutui ipotecari, che non sono dei veri e propri mutui subprime, ma poco ci manca).

Questo annuncio da parte della Federal Reserve ha fatto ovviamente tirare un sospiro di sollievo alle banche americane, che potranno così rifinanziarsi facilmente nel mercato interbancario e nello stesso tempo liberarsi di titoli sempre meno liquidi e più rischiosi. Ma c’è un’altra parte del mondo che comincia a tremare di fronte a questa nuova inondazione di dollari, perchè se le operazioni di quantitative easing della Fed hanno avuto pochi effetti nel mercato interno americano, potrebbero invece averlo in modo assai più incisivo nei mercati dei paesi emergenti (i cosiddetti BRICS, Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).

giovedì 2 febbraio 2012

FISCAL COMPACT, IL PAREGGIO DI BILANCIO IN COSTITUZIONE E’ UNA LUCIDA FOLLIA TECNOCRATICA


L’approvazione in prima battuta dell’accordo intergovernativo Fiscal Compact da parte di 25 stati dell’Unione Europea (Gran Bretagna e Repubblica Ceca sono scappati di corsa, mentre la Svezia ha mostrato più di una riserva in attesa di un confronto diretto con il suo parlamento) ha in se qualcosa di inquietante e preoccupante che dovrebbe fare riflettere chi ha ancora a cuore la tenuta democratica del governo della propria nazione.

Pur di non contraddire l’aspirazione tutta tedesca all’austerità e al rigore di bilancio, ben 25 nazioni che un tempo erano sovrane si sono piegate ai diktat della Germania e hanno accettato delle regole di rigidità economica che qualunque contabile, con un po’ di sale in zucca, avrebbe giudicato folli e irresponsabili: persino un fanatico neoliberista, amante della dottrina del libero scambio e convinto sostenitore dell’inerzia dello Stato negli affari, dovrebbe tremare di fronte a tanta ottusità e cecità nella gestione dei flussi economici (se infatti i neoliberisti sono così tenaci nel perseguire l’dea di ridurre gli stati e semplici società per azioni, perché diversamente dalle altre aziende obbligano invece i governi nazionali al pareggio di bilancio e non consentono alla pubblica amministrazione di andare anche in perdita per un certo periodo secondo le normali leggi del libero mercato?).

mercoledì 1 febbraio 2012

POSITIVE MONEY, COME IL DENARO E’ STATO PRIVATIZZATO DALLE BANCHE DI NASCOSTO


E’ inutile nascondersi dietro un dito. Il progetto monetario inglese di Positive Money può essere utopico, irrealizzabile, troppo ambizioso ma ci piace, perché è perfetto, non fa una piega e con poche mosse riuscirebbe a dare equilibrio e sostenibilità a tutto il meccanismo di creazione del denaro. Finalmente qualcuno non solo ha avuto il coraggio di squarciare il velo di menzogna e ipocrisia che ammanta il nebuloso mondo della finanza, ma è andato anche oltre proponendo un semplice progetto di riforma in tre passi che metterebbe ordine nell’ingarbugliato groviglio del settore bancario, in cui per troppo tempo si sono mescolati interessi pubblici e avidità privata.

Come abbiamo già visto nel precedente articolo, il progetto Positive Money parte da una semplice considerazione: se il 97% della moneta circolante sono impulsi elettronici creati dalle banche commerciali attraverso l’apertura di nuovi prestiti (moneta elettronica) e soltanto il 3% è rappresentato dalle banconote cartacee stampate dalla banca centrale (che è pur sempre una banca privata) e dalle monete metalliche coniate dalla zecca di stato (che misera consolazione…), perché concedere alle banche commerciali tutto questo potere esclusivo di creazione della moneta elettronica? Perché lo Stato, in base alla sua improrogabile funzione di difesa dei diritti, della giustizia e dell’equità, non toglie ai banchieri privati questo intollerabile privilegio e comincia ad assumersi in proprio il compito della creazione e della diffusione della moneta elettronica?