lunedì 5 marzo 2012

LTRO II DELLA BCE: LA MANO INVISIBILE DI DRAGHI E LE MANOVRE POLITICHE DELLA GERMANIA


Molti di voi avranno sicuramente sentito parlare da qualche parte di una certa “mano invisibile”, che secondo la teoria classica dell’economia (quella settecentesca di Adam Smith e compagni per intenderci) concede equilibrio al libero mercato, favorisce la crescita e crea occupazione e ricchezza per tutti, lavoratori, imprenditori, e stato. Una sorta di divina provvidenza che cala dal cielo per portare la pace, la fratellanza e la prosperità per gli uomini della terra. Questa concezione mistica dell’economia e della vita per qualche tempo ha messo d’accordo un po’ tutti: i fanatici religiosi, gli atei, gli scettici, i ricchi, i poveri e i poveracci, perché trattandosi appunto di un’entità astratta ognuno poteva dare alla “mano invisibile” il nome che voleva.

Tuttavia, da almeno 100 anni, da quando alcuni pionieri del pensiero libero hanno cominciato a sospettare che dietro la “mano invisibile” ci fosse qualcosa di “umano, troppo umano”, siamo tornati con i piedi sulla terra e abbiamo varcato la soglia dell’epoca del relativismo storico, dove ognuno si cerca le risposte che vuole e non crede più alle mistificazioni che risolvono tutte le domande. Sarà forse per questo motivo che oggi quando si sente parlare di “mano invisibile” veniamo assaliti da un senso di frustrazione, sgomento e angoscia, perché grazie ai mezzi di informazione di massa non solo possiamo vedere la mano che si diverte a manovrare le sorti delle nostre vite ma anche la faccia e non è sicuramente un bel vedere.



Sapere che oggi, in Europa, la “mano invisibile” tanto osannata in passato appartiene alla faccia del governatore della BCE Mario Draghi, che in un ipotetico romanzo giallo somiglia tanto alla figura losca e ambigua del maggiordomo, non è proprio una grande consolazione. E se a questo aggiungiamo che i mandanti del maggiordomo potrebbero essere i panzer tedeschi seduti nel Bundestag o i banchieri e grandi capitalisti di Germania, il finale del libro diventa ancora più agghiacciante. Per carità, con tutto il rispetto per gli efficientissimi lavoratori tedeschi, il problema è che quando i loro capi si mettono in testa di comandare qualcosa di importante esiste il rischio concreto che combinino qualche danno grave e irreparabile a tutto il resto dell’umanità.   

Il governatore Mario Draghi infatti con manovre un po’ affannose e disperate sta cercando di tenere in piedi l’Unione Monetaria Europea, che di così eccezionale ha soltanto il fatto di non essere mai stata ben regolamentata e soprattutto ben progettata. Non è un mistero per molti eccellenti economisti nostrani o stranieri che l’introduzione e la forzatura della moneta unica euro in paesi che avevano strutture economiche, politiche, fiscali, culturali profondamente diverse ha fatto saltare in aria quei delicati meccanismi di autoregolamentazione degli scambi e dei flussi finanziari, che tutto sommato, bene o male, avevano funzionato per circa quaranta anni (dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla sciagurata sottoscrizione dei Trattati di Maastricht nel 1992). Ma il romanzo è troppo lungo, quindi come tutti i lettori più curiosi, dobbiamo per forza saltare qualche capitolo e andare subito alle ultime pagine per conoscere i fatti dell’attuale epilogo della storia.

In un precedente articolo avevamo visto, dati alla mano, che l’unica nazione a beneficiare davvero dell’introduzione dell’euro è stata la Germania, che in un regime drogato degli scambi è riuscita ad accumulare notevoli surplus commerciali esportando i suoi prodotti nei paesi PIIGS della periferia (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda) e importando molto poco i prodotti di queste nazioni, a causa dei livelli di inflazione e dei prezzi costantemente più alti in questi paesi rispetto a quelli tedeschi.

In una situazione normale questi squilibri macroeconomici sarebbero stati compensati dalle variazioni dei tassi di cambio delle rispettive monete (lira, marco, peseta, franco, dracma, sterlina), ma con la moneta unica tutto questo non è stato possibile e la Germania ha continuato a vendere e a prestare soldi, mentre i paesi PIIGS continuavano a comprare e a indebitarsi. Per avere un’idea immediata della situazione descritta possiamo vedere il grafico sotto, dove si vede che i saldi delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (esportazioni meno importazioni di beni e servizi, redditi da capitale soprattutto finanziario) hanno continuato ad aumentare in Germania fino al 2008, mentre erano decrescenti o pressoché stabili in tutti gli altri paesi dell’eurozona.





Sappiamo anche da altri dati e dai saldi del sistema di compensazione dei pagamenti delle banche europee TARGET2 che fino al 2008, prima della scoppio della crisi finanziaria, questi squilibri commerciali venivano bilanciati artificialmente dalle banche tedesche che investivano gran parte dei loro surplus finanziari nelle banche della periferia per dare a quest’ultime ossigeno e fornire liquidità necessaria a continuare la loro attività creditizia senza troppi impacci. Le prospettive di crescita erano stabili e i bassi interessi invogliavano gli imprenditori e i cittadini privati della periferia ad indebitarsi. La mano invisibile in questo caso era quella dei dirigenti delle potenti banche tedesche Deutsche Bank e Commerzbank, che per avere un ordine di grandezza avevano accumulato degli attivi pari a quello del PIL tedesco di un intero anno (circa 3 trilioni di euro).

Dopo il 2008 il disco si è rotto e le banche tedesche si sono lentamente ritirate, lasciando praticamente senza liquidità le banche delle periferia, che però grazie al sistema TARGET2 hanno continuato a rifornirsi presso le rispettive banche centrali nazionali dell’Eurosistema, che mettevano a disposizione degli istituti privati quantità illimitate di riserve bancarie tramite le operazioni periodiche di rifinanziamento interbancario. Questo meccanismo contorto ha finito per spostare i crediti che prima erano posseduti dalle maggiori banche private della Germania nel bilancio della banca centrale tedesca Bundesbank, sotto forma di crediti TARGET rivendicati nei confronti dell’intero Eurosistema (vedi grafico sotto in cui si vede il progressivo incremento dei crediti TARGET della Bundesbank insieme all’aumento dei debiti TARGET delle banche centrali della periferia).





Questo tipo di crediti TARGET, per il modo particolare con cui sono stati creati, sono però praticamente inesigibili perché il maggiore garante dell’Eurozona è proprio la Germania e quindi tutto il sistema si stava accartocciando su stesso. Da un lato le banche della periferia si ritrovavano nelle mani titoli disponibili sempre più deprezzati da fornire come collaterali garantiti nelle operazioni di rifinanziamento con le banche centrali, riuscendo a ricavare ad ogni passaggio sempre meno riserve di liquidità e dall’altro le banche tedesche avevano cominciato a smobilitare grandi quantità di titoli di stato e privati della periferia, accelerando il processo di deprezzamento.

Le banche della periferia, a corto di riserve di liquidità, hanno avuto maggiori difficoltà a finanziare i rispettivi paesi attraverso l’acquisto di titoli di stato e il famoso spread fra i titoli pubblici degli stati PIIGS e i più solidi bund tedeschi ha cominciato ad allargarsi inesorabilmente, perché per effetto di trascinamento e contagio, molti investitori internazionali erano stati indotti a vendere gran parte delle loro scorte di titoli europei.

A partire da giugno del 2011 è stata la stessa BCE a cercare di rimarginare la falla, comprando con una certa regolarità titoli di stato dei PIIGS sul mercato secondario, ma siccome questa operazione veniva fatta solo in via eccezionale (perché forma di finanziamento diretto degli stati non prevista dallo statuto della BCE) non ha ovviamente prodotto i frutti sperati. In questo modo però anche la “patata bollente” del debito pubblico della periferia stava lentamente cominciando a trasferirsi dai bilanci delle banche private tedesche a Francoforte, fra le attività della BCE e quindi in ultima istanza sempre alla Germania, che è il maggiore azionista della banca centrale europea. Un vero corto circuito insomma, che ha toccato il suo culmine a novembre scorso e se lasciato a se stesso avrebbe portato al crollo dell’euro nel giro di pochi mesi.

Ma a quel punto a chi sarebbe servito il crollo dell’euro? Sicuramente non alla Germania che fra crediti TARGET, finanziamenti ai vari fondi salva-stati EFSM-EFSF e quota di partecipazione alla BCE aveva già raggiunto un’esposizione complessiva di circa 600 miliardi di euro nei confronti dei paesi PIIGS. Mentre tutto sommato, a parte le difficoltà iniziali di svalutazione e rilancio dell’economia, avrebbero sofferto molto meno i paesi della periferia, che ritornando alla propria moneta o introducendo un euro più debole sarebbero finalmente stati in grado di scrollarsi di dosso la competizione aggressiva della Germania con opportuni automatismi di aggiustamento dei tassi di cambio.

Ed è proprio in questo momento che iniziano infatti le grandi manovre politiche della Germania (ricordiamo le lunghe telefonate fra la cancelliera Merkel e il presidente Napolitano), che impone due governi di banchieri (Monti e Papademos) in Italia e Grecia e appoggia l’elezione di un altro banchiere (Rajoy) in Spagna (per banchiere si intende ovviamente uomo affine e compiacente al mondo della grande finanza e al disegno autoritario tedesco dell’unione europea, ma nella sostanza poco cambia). E le cose cominciano a sistemarsi per il verso giusto. Almeno per i tedeschi, che insieme ai grandi investitori internazionali, sono i maggiori creditori dell’enorme ammasso di debito che circola in Europa.

Il primo ministro greco Papademos stringe accordi per il salvataggio della Grecia e il risarcimento dei creditori, Monti e Rajoy (in effetti aveva già cominciato Zapatero) fanno l’unica cosa che potevano fare per andare in soccorso alle banche senza compromettere troppo i bilanci pubblici: mettono la garanzia dello stato sulle prossime emissioni di obbligazioni bancarie, per consegnare agli istituti di credito i collaterali necessari per prelevare liquidità presso il mercato interbancario, da utilizzare poi per l’acquisto di titoli di stato. Intontiti dalle discussioni sulla riforma delle pensioni, molti italiani non si sono accorti che l’unica norma veramente importante della prima rapidissima manovra Monti (importante sempre per i soliti noti) era esattamente l’articolo 8, relativo alle misure per la stabilità del sistema creditizio:

“…il Ministro dell'economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni o, a partire dal 1 gennaio 2012, a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite  e di emissione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.”

Questa norma è stata giustificata, a livello istituzionale e dai giornali di regime, dalla prospettiva di mettere in condizione le banche italiane di raccogliere liquidità sui mercati dei capitali, per fare poi maggiori prestiti a imprese e famiglie. Tuttavia se avete seguito bene i discorsi fin qui, abbiamo parlato soltanto di flussi finanziari di riserve bancarie, che con il credito all’economia reale c’entrano poco o nulla: come abbiamo già visto in un precedente articolo, le riserve infatti circolano nel circuito interbancario e non nel sistema produttivo reale, dove viene movimentata soltanto moneta creditizia di seconda scelta creata dal nulla dalle banche commerciali. In linea di principio le banche non fanno più prestiti non tanto perché si trovano a secco di riserve operative (queste in ultima istanza vengono sempre fornite dalla banca centrale), ma perché non ci sono più le condizioni di crescita economica che rendono i prestiti rimborsabili e per ragioni di requisiti patrimoniali (Basilea II), le banche non possono permettersi di esporsi mettendo a bilancio attività rischiose con scarso merito creditizio.

A questo punto i politici fantoccio hanno fatto per intero il loro dovere (quello che Mario Monti chiamava il “compito a casa”) ed entra in gioco la mano invisibile del governatore della BCE Mario Draghi, che su pressione della Bundesbank (ricordiamo che la BCE non si muove mai senza il consenso della banca centrale tedesca, perché in definitiva sono la stessa cosa e non a caso le due sedi si trovano a poche centinaia di metri di distanza a Francoforte) decide di fare la mossa azzardata: creare un po’ di denaro fresco dal nulla da dare in pasto alle banche della periferia, per consentire all’intero sistema bancario europeo di reggersi ancora in piedi e alle banche dei PIIGS di reperire riserve per acquistare titoli di stato e titoli bancari in scadenza (circa 1700 miliardi di euro complessivi di titoli di stato nel solo 2012, più una buona fetta, circa 650 miliardi di euro, di obbligazioni bancarie da rifinanziare, soprattutto nel primo quadrimestre, guarda grafico sotto).




Il 21 dicembre del 2011, la BCE riesce a piazzare in asta 489 miliardi di euro con la prima operazione di rifinanziamento a lungo termine LTRO (Long Term Refinancing Operation) mai effettuata in precedenza dalla banca centrale di Francoforte, con prestiti di tre anni all’1%: partecipano all’asta 523 banche europee e nello specifico gli istituti di credito italiani prelevano in totale 116 miliardi di euro, una cifra però ancora insufficiente per soddisfare le loro esigenze di liquidità (ricordiamo che in Italia andranno in scadenza nel 2012 circa 300 miliardi di euro di titoli di stato e 200 miliardi di euro di obbligazioni bancarie). In realtà non si tratta di vera e propria moneta fresca ad alto potenziale emessa dalla banca centrale, perché dei 489 miliardi soltanto 200 miliardi circa sono nuove iniezioni di liquidità per il mercato interbancario, mentre la restante parte sono rifinanziamenti e rinnovi di debiti già esistenti fra la BCE e le banche coinvolte. Ma la boccata d’ossigeno è comunque importante.

Per venire incontro ai declassamenti dei rating subiti in rapida successione dai titoli pubblici e privati europei, la BCE accetta come collaterale a garanzia dei prestiti titoli obbligazionari più scadenti (il rating è stato ridotto da tripla AAA a singola A) e sempre per far fronte alle notevoli richieste di liquidità per la prima volta vengono ammessi agli scambi anche i titoli cartolarizzati creati dalle banche riferiti ai prestiti concessi in passato alle imprese (quelli con rating migliore e probabilità di default inferiore all’1%).

Non solo. In concomitanza con l’annuncio dell’operazione LTRO, le banche sono state autorizzare a compiere azioni altamente rischiose e irregolari come quelle di sottoscrivere da sole e quotare rapidamente in borsa le proprie obbligazioni emesse per l’occasione: in pratica le banche hanno utilizzato come collaterale per i  prestiti della BCE dei titoli che non avevano ancora fra gli attivi di bilancio, ma hanno inventato dal nulla come nuovi attivi in realtà inesistenti (una sorta di autocertificazione della propria capacità di rimborsare i prestiti ricevuti). Questa operazione alla lunga potrebbe rilevarsi un modo molto pericoloso e artificioso di gonfiare gli attivi di bilancio senza avere le necessarie coperture, che a causa della già discussa garanzia apposta per decreto dallo stato sui titoli obbligazionari bancari andrebbe poi a ricadere sulle spalle dei soliti cittadini contribuenti.   

In ogni caso, da questo momento in poi la BCE si ritira praticamente dall’acquisto di titoli degli stati PIIGS sul mercato secondario (una media che ricordiamo da luglio 2011 si era stabilizzata intorno ai 6-9 miliardi di titoli a settimana per un totale a dicembre di 220 miliardi di titoli di stato acquistati) e in un infinito gioco di rimbalzo, ripassa l’intera “patata bollente” del debito pubblico e privato dell’eurozona (il cosiddetto rischio sistemico) di nuovo alle banche commerciali della periferia, che avranno ora il compito di sostenere da sole le rispettive nazioni, acquistando titoli di stato sia sul mercato secondario che alle aste primarie di collocamento e facendo così scendere progressivamente gli spread a livelli più ragionevoli.

La mossa difensiva della BCE per svincolarsi dallo stritolamento ferale dei debiti pubblici degli stati PIIGS è (pro domo sua) geniale e ridà fiato alla Germania, il cui unico obiettivo è quello di ripristinare la normalità assurda della situazione precedente: i tedeschi producono, vendono, accumulano surplus commerciali e crediti e gli altri paesi dell’eurozona comprano, si indebitano e sono costretti a privatizzare e liberalizzare gran parte delle loro risorse produttive, naturali e umane, contratti di lavoro compresi, consentendo infine ai grandi capitali della Germania e internazionali di investire a condizioni molto più favorevoli direttamente negli stati ora più impoveriti e indebitati.

Questo fenomeno può essere indicato con il termine di “argentinizzazione” dell’economia, perché è lo stesso schema utilizzato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale FMI per sfruttare le risorse dei paesi del terzo mondo o delle nazioni emergenti in via di sviluppo e senza andare troppo lontano era già tutto spiegato nella famosa “lettera segreta” che i governatori della BCE Trichet e Draghi (non uno ma addirittura due maggiordomi!) avevano inviato il 5 agosto scorso all’allora governo italiano di Berlusconi e Tremonti (alla faccia di quelli che ancora sostengono l’autonomia e l’indipendenza della banca centrale dalle scelte politiche degli stati).

Non si può spiegare altrimenti l’accanimento del primo ministro fantoccio Monti nel sostenere la linea dura per l’eliminazione parziale o totale dell’articolo 18 dal contratto nazionale dei lavoratori, perché in effetti prima d’ora nessuna azienda italiana aveva mai sollevato questioni particolari o considerato davvero limitativa questa norma, dato che consente già il licenziamento per motivi di grave crisi economica e offre al lavoratore soltanto la sponda del ricorso legale per richiedere il reintegro sul posto di lavoro. Proprio quello che, guarda caso, vogliono invece evitare le aziende straniere intenzionate ad investire in Italia: le cause legali, la burocrazia, gli ingranaggi macchinosi e lenti del kafkiano apparato amministrativo italiano.
    
Con l’operazione LTRO, la BCE e quindi la Germania sono riuscite insomma a limitare al massimo il rischio, perché rispetto all’acquisto diretto sul mercato secondario la formula del prestito consente in teoria alla banca centrale di recuperare le riserve di liquidità e riconsegnare alle banche delle periferia i titoli presi in garanzia alla scadenza dei tre anni (che a quel punto potrebbero essere diventati pura carta straccia). Rispetto alle operazioni di quantitative easing (alleggerimento quantitativo) effettuate in contemporanea dalla Federal Reserve o dalla Bank of England, la BCE non “compra” a titolo definitivo ma “presta”: la differenza fra il QE delle normali banche centrali dei paesi a sovranità monetaria e il LTRO della BCE sta tutta nell’immenso spazio che divide questi due termini, comprare e prestare.

La BCE, ovvero la Bundesbank, non ha alcuna intenzione di rimanere incastrata per sempre nelle sorti dei paesi di cui in teoria dovrebbe essere la banca centrale (in teoria, perché  in pratica, a causa della rinuncia alla sovranità monetaria stabilita nel 1992 dai Trattati di Maastricht, la BCE si comporta nei confronti degli stati che adottano l’euro al pari di una normale banca privata straniera, né più né meno) e rimane in superficie, in una posizione attendista di puro galleggiamento: se nei prossimi tre anni la situazione si evolverà positivamente e l’euro non crollerà, la BCE recupera i suoi prestiti, se invece tutto andrà in frantumi, l’euro verrà spazzato via e la BCE sparirà, allora i suoi vecchi azionisti, fra cui la stessa Bundesbank, pretenderanno dalle banche private europee il pagamento dei debiti contratti, in un rapporto diretto, vis-à-vis, che esclude e limita l’intervento degli stati nazionali. Fuori da qualsiasi logica di risoluzione strutturale e definitiva dei problemi, la soluzione trovata dalla BCE è quindi soltanto temporanea e ha lo stesso effetto placebo di un calmante che viene gettato alla rinfusa per placare le nevrosi isteriche del comparto bancario europeo.

Ma ancora non basta. Considerando l’enorme quantità di debito in scadenza nel 2012, la BCE deve dare un’altra bella dose di valium alle banche europee: il 29 febbraio scorso, con l’operazione LTRO II, la BCE piazza in asta altri 529,5 miliardi di euro di riserve bancarie (di cui 311 sono netti, mentre la parte restante serve a rifinanziare i soliti debiti in scadenza), sempre con prestiti a tre anni con interesse dell’1%. Questa volta il numero delle banche europee partecipanti è superiore, perché ben 800 istituti di credito si presentano alla corte della BCE per ritirare un po’ di vera moneta ad alto potenziale, quella per intenderci che serve per acquistare titoli e azioni in borsa (mentre, ripetiamo per chiarezza, questa tipologia di moneta ha un effetto molto limitato e solamente indiretto per facilitare i crediti all’economia reale).

La liquidità fornita dal LTRO II questa volta è molto più diluita, perché dato l’elevato numero di banche richiedenti i prestiti, il ritiro medio per banca è passato da 935,4 milioni di euro a 661 milioni di euro, cosa che potrebbe ridurre in parte le capacità di investimento di ogni singola banca. Ma come mai si è avuta questa impennata di banche richiedenti?

Esaminando i dati, notiamo subito che rispetto al LTRO I dove le banche più attive erano state quelle spagnole e italiane (Unicredit aveva stabilito il record di 38 miliardi di prestiti di liquidità), nel LTRO II le banche tedesche si sono fatte sotto. Anche se le banche italiane (139 miliardi, di cui 24 miliardi della sola Banca Intesa Sanpaolo) e spagnole (120 miliardi di euro, di cui 25 miliardi della banca commerciale Bankia) hanno mantenuto ancora le posizioni di vertice della speciale classifica delle banche più assetate, questa volta anche le banche tedesche hanno fatto scorte di riserve per 100 miliardi di euro, in via del tutto precauzionale, dato che al momento sono quelle che tendenzialmente hanno meno problemi di liquidità e maggiori questioni legate casomai alla solvibilità generale dei loro bilanci.

Il motivo di cambio di strategia delle banche tedesche potrebbe essere molto semplice: se le condizioni economiche nei prossimi anni dovessero peggiorare e la Germania non sarà più in grado di produrre i suoi costanti surplus commerciali a causa di un progressivo calo della domanda dai maggiori importatori dell’eurozona (i paesi PIIGS sempre più in crisi), le banche tedesche avranno bisogno di attingere ad un tesoretto di riserve perché le entrate dal settore imprenditoriale saranno minori. Non a caso le banche tedesche sono state quelle più incentivate a lasciare bloccate le riserve nei depositi della BCE, che proprio in questi giorni sono cresciuti fino alla cifra record di 777 miliardi di euro (guarda grafico sotto, dove in seguito alle due operazioni LTRO i depositi in BCE hanno mantenuto un costante aumento, smentendo ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, coloro che pensavano ingenuamente che questi fondi sarebbero stati riversati nell’economia reale).






In conclusione, possiamo dire che la mano invisibile del maggiordomo Draghi, su sollecitazione del mandante tedesco, ha commesso soltanto un altro piccolo (o grande, dipende dai punti di vista e dallo stato di insofferenza nei confronti della dittatura tecnocratica europea) delitto nei confronti del popolo e dei lavoratori europei, facendo un esplicito favore esclusivamente al comparto finanziario che era in evidente stato di sofferenza e aggravando ancora di più le possibilità di ripresa dell’economia reale e produttiva dei paesi PIIGS. Volendo Sintetizzare le maggiori criticità che ancora insistono nell’eurozona a causa della singolare politica monetaria della BCE, potremmo riassumerle come segue:


1)   Le operazioni di rifinanziamento LTRO hanno fornito riserve di liquidità alle banche europee, che con queste potranno soltanto tamponare temporaneamente l’emergenza dei titoli in scadenza e ricreare una pericolosa situazione di illusoria e apparente stabilità economica, dato che il LTRO risponde soltanto alle esigenze immediate di liquidità ma non a quelle di solvibilità strutturale delle banche (qualità degli attivi, utilizzo esagerato della leva finanziaria)

2)   Gli squilibri macroeconomici che sono stati all’origine della crisi finanziaria europea permangono ancora intatti e l’apparente situazione di stabilità, dovuta all’abbassamento degli spread sui debiti pubblici dei paesi periferici ai livelli pre-crisi, potrebbe incentivare di nuovo quei flussi finanziari dal nord al sud Europa con conseguente aumento del divario fra le nazioni creditrici (Germania, Olanda, Finlandia) e quelle debitrici (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda)

3) Con le operazioni LTRO viene nuovamente e artificialmente coperto il principale problema finanziario dell’eurozona che è l’indebitamento privato senza limiti e non il debito pubblico

4)   La politica di centralizzazione della BCE di finanziamento delle banche commerciali, potrebbe indurre queste ultime a dipendere eccessivamente dalla banca centrale e ad allontanare le banche dal loro originario ruolo di raccolta del risparmio privato attraverso operazioni irregolari e rischiose come quella di sottoscrivere e quotare autonomamente i propri titoli obbligazionari

5)   Il LTRO della BCE, così come il QE della Federal Reserve o della Bank of England, non immette in effetti nuova liquidità nei mercati, ma cambia soltanto il grado di liquidità del mercato interbancario e la struttura di aggregati monetari già esistenti (vengono tolti titoli poco liquidi dagli attivi delle banche e vengono ampliate le riserve bancarie, ma il valore complessivo dell’aggregato monetario maggiore M3 presente sul mercato non cambia): sappiamo già infatti che l’unica operazione capace di creare veramente nuova liquidità dal nulla è la monetizzazione dei deficit pubblici (cosa che la BCE non può fare per statuto, ma Fed e BoE sì, perché a differenza dell’eurozona, Stati Uniti e Gran Bretagna sono nazioni sovrane)  

6)   Sia nelle singole manovre nazionali che forniscono garanzie di stato alle obbligazioni bancarie che nei prestiti LTRO della BCE, non sono richieste alle banche particolari disposizioni sull’utilizzo dei fondi raccolti, che potranno così essere convogliati esclusivamente verso attività speculative finanziarie senza creare le premesse di un maggiore sostegno creditizio alle aziende e all’economia reale

7)   La maggior convenienza ad investire in titoli con operazioni come il carry trade sui prestiti della BCE (prendo all’1% e investo al 4%-5%), ha reso ancora più stringenti le condizioni di credito nei confronti di famiglie e imprese (solo in Italia i prestiti alle aziende si sono ridotti di 20 miliardi nel mese di dicembre, mentre nello stesso periodo gli investimenti in titoli sono aumentati di 50 miliardi)

8)    Questa ulteriore stretta creditizia potrebbe sistematicamente favorire i finanziamenti bancari verso le grandi società multinazionali con elevati rating a danno delle piccole e medie aziende, che potranno al massimo ricevere prestiti per finanziare il capitale circolante di rotazione ma non i nuovi investimenti: escluse da questo contesto risulterebbero pure le nuove imprese di recente fondazione che non hanno ancora alcun rating pregresso e quindi vengono valutate dalle banche con un merito creditizio altamente incerto e rischioso (aggravato peraltro dalle pessime aspettative di crescita economica per i prossimi due anni)

9)   Anche ammettendo che nei prossimi tre anni tutto dovesse cominciare a girare nel verso giusto per la tecnocrazia europea (privatizzazioni, liberalizzazioni, svalutazione interna dei salari, deflazione), siamo sicuri che a scadenza dei prestiti LTRO la BCE riuscirà a drenare l’enorme massa di liquidità immessa nei mercati finanziari? Oppure questa continuerà a girare nel circuito interbancario fino a ricreare le premesse di una nuova bolla speculativa?

10) Ultima osservazione: ma se le banche europee hanno sempre bisogno della garanzia dello stato per riuscire a piazzare sul mercato le proprie obbligazioni e raccogliere liquidità, intrecciando così in modo indissolubile il loro destino a quello degli stati a cui appartengono, non ha forse molto più senso nazionalizzarle direttamente, almeno in parte, come accade fra l’altro nella morigeratissima e moderna (sempre a modo suo) Germania?    

  

8 commenti:

  1. Complimenti per l'ottimo articolo: chiaro, esauriente, professionale, puntuale e dettagliato, in breve non fà una piega!
    Una curiosità, ma che mestiere fa?

    Grazie 1000

    Filippo

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    1. Ciao Filippo,
      intanto grazie per i complimenti perchè mi fanno capire che il mio impegno di rendere comprensibili argomenti che in apparenza potrebbero sembrare complicati è ben ripagato...per quanto riguarda il mestiere, sai che è una bella domanda? Ho lavorato come ingegnere presso aziende metalmeccaniche, finanziarie e nel settore delle energie rinnovabili e ora mi limito alla consulenza sempre nel campo delle energie rinnovabili...avendo molto più tempo libero posso dedicarmi alla mia passione per la scrittura e all'analisi dei sistemi complessi, fra cui soprattutto quello monetario...diciamo pure che sono un esempio vivente della flessibilità!!! A proposito dammi pure del tu perchè non sono ancora così vecchio...a presto! Piero

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  2. Ciao Piero,
    grazie per la tua cortese e personale risposta, continuerò a dissetarmi dalla fonte del tuo sapere ed a divulgare il tuo lavoro.
    A presto.
    Filippo

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  3. Ciao Piero,
    articolo impeccabile!
    Ma che c'entra la mano invisibile se persino un cieco la vede?


    P.S. Non c'entra niente con l'articolo e non vorrei sporcare il blog con cose che nulla c'entrano. Volevo chiedere: posso approfittare (in senso buono s'intende) per un consiglio della tua competenza nel settore delle rinnovabili?

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    1. In effetti...sta mano di Draghi tanto invisibile non è, però per adesso è l'unica vera "mano invisibile" che riesce a stravolgere le condizioni del mercato europeo (altro che riforme di Monti, l'abbassamento dello spread è dovuto soltanto all'effetto LTRO e a nient'altro...)...
      Carlo, sono a tua completa disposizione per eventuali info sulle rinnovabili...scrivimi pure su questa e-mail piero.valerio@gmail.com (se stai valutando l'idea di fare un impianto, segnalami l'indirizzo dell'abitazione, così verifico quali sono le potenzialità di esposizione solare)... a presto! Piero

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  4. Caro Piero, sui debiti Target stendiamo un velo pietoso, sono proprio al di là delle mie papille intellettive...quasi peggio dei # e dei b; riguardo alla manona di Draghi ..lui sì che è spierto! sigh. Vorrei capire un pò meglio la questione dei litri (bagnai docet) anzi ettolitri che la suddetta manona ha elargito. Ho capito che le banche possono usare questo denaro praticamente per pagarsi i debiti tra di loro, per acquistare titoli di stato e azioni e che a noi non arriva niente. Ma vorrei capire,questo shopping lo fanno come loro investimento o per conto dei clienti? E quando scade una nostra obbligazione ci danno qualche centilitro oppure usano la normale moneta commerciale? Mi raccomando dammi una risposta ad usum cristinae...Ciao e a presto

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    1. Cristina, cercherò di fare del mio meglio!
      Le banche useranno i litri solo per conto loro e lo stanno già facendo...per noi i litri non sono previsti...quando tu acquisti una obbligazione bancaria non te la porti a casa, ma rimane nel portafoglio della banca, nel passivo di bilancio...la banca usa quella obbligazione per fare un pò di profitti giocando in borsa, con operazioni di vendita e riacquisto rapido (short selling)...quando scade l'obbligazione, la banca fa una semplice operazione contabile eliminando i soldi dall'obbligazione e incrementando il tuo conto corrente della stessa cifra (moneta fasulla di banca commerciale)...la banca è costretta a sborsare litri e quindi riserve solamente quando tu spendi i soldi del tuo conto corrente altrimenti li usa come meglio crede...quindi prendi la carta di credito e vai a fare spese pazze così metti in crisi la banca, oppure vai al bancomat e ritira un sacco di contanti (la cosa che le banche odiano di più, manovra Monti docet!)...saluti! Piero

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  5. Lo sto gia' facendo da un pezzo! Quale miglior motivazione per spendere e spandere.....

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