lunedì 25 giugno 2012

LA CRISI FINANZIARIA IN ITALIA, LE BANCHE E LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA PUBBLICA


Oggi facciamo un po’ di dietrologia come si deve, con dati e riferimenti precisi che potrebbero aiutarci a capire cosa si sta muovendo dietro le quinte di questa opera buffa chiamata eurozona. Non credo alle teorie del complotto, ovvero alle storie che narrano di incontri segreti in cui quattro o cinque personaggi oscuri e potentissimi decidono a tavolino i destini del mondo. Per il semplice fatto che ormai tutto avviene alla luce del sole (soltanto chi non vuole capire non capisce) e gli interessi dei vari potentati, lobbies, gruppi di potere, multinazionali sono talmente variegati e complessi che è davvero difficile riuscire a conciliarli tutti in un unico progetto egemonico. I delfini dei Rothschild o dei Rockefeller non sembrano dotati di un'intelligenza così sopraffina da essere in grado di coordinare disegni e programmi che vadano oltre l’organizzazione già di per se intrigatissima dei loro affari di famiglia. E lasciando per un attimo in disparte miti e leggende della rete, è appunto questo il motore che muove tutti i burattini che si agitano davanti e dietro il sipario: gli affari. I soldi. E il modo per fare ancora più affari e soldi. 

  
Queste persone di cui sentiamo spesso parlare con toni quasi luciferini o apocalittici sono troppo arroccate a difendere i loro immensi patrimoni per avere il tempo di mettersi a studiare piani di nuovi ordini mondiali, che abbiano finalità diverse da quelle menzionate sopra: soldi, affari, accumulazioni di ricchezze. Tutte quelle conferenze a porte chiuse del Gruppo Bilderberg o della Commissione Trilaterale non sono altro che riunioni riservate per uomini d’affari e per professionisti, giornalisti, politici che possono agevolare il compito di chi è ossessionato dai soldi e ha questo unico scopo nella vita. Pensare che in questi convegni si possa parlare di altro, fuori dai soliti temi dell’economia, della finanza, delle strategie comunicative e delle prospettive future di guadagno, è a mio modo di vedere fuorviante. Con tutta la fantasia possibile, i membri italiani di volta in volta invitati a partecipare a queste conferenze come Romano Prodi, Mario Monti, Carlo Azeglio Ciampi, Emma Bonino o più recentemente la giornalista Lilli Gruber non possono essere a conoscenza di disegni di oppressione o sterminio dell’umanità, ma al massimo vengono istruiti sui modi in cui deve comportarsi un politico o un giornalista provetto per imprimere a fuoco sulla massa il messaggio propagandistico che più affari portano più benessere per tutti e la crescita economica corrisponde al progresso della civiltà. Basta sentirli parlare fra una battuta e l'altra, un dibattito e l'altro,  per capire che in fondo questi personaggi facilmente manipolabili con promesse di successo e di carriera appoggiano tutti ciecamente e senza riserve la medesima linea di pensiero.

  
Stesso discorso vale per i grandi magnati della finanza o per i managers milionari dei colossali gruppi bancari come Goldman Sachs, Morgan Stanley o JP Morgan: recenti studi scientifici basati su test molto affidabili hanno dimostrato che questi dirigenti, a cui spesso si attribuiscono intelligenza, sagacia e furbizia al di sopra della media, sono affetti da vari disturbi mentali e in pratica hanno lo stesso grado di destrezza di una scimmia isterica che tira insistentemente in aria una monetina, scommettendo sul risultato. Ora credere che un ristretto conclave di scimpanzé psicopatici possa organizzare riunioni segrete per decidere le strategie più diaboliche per governare e dominare il mondo è un po’ come credere agli esorcismi: i presunti guaritori dal male assoluto non sono meno malati dei loro pazienti posseduti. Al massimo l’abilità di chi lavora in finanza è quella di crearsi una rete di rapporti, di amicizie, di informatori capaci di fargli vincere con poca fatica le loro scommesse ed è questo in verità che fa la differenza fra un normale consulente e un top manager. Altre tracce di intelligenza pura o addirittura di genio sono davvero difficili da ritrovare.


La vera colpa di chi ha invece qualche neurone da spendere per capire, comprendere e veicolare le scelte che contano è quello di avere delegato ai rampolli rammolliti di antiche dinastie o agli scimpanzé schizofrenici della finanza (quelli che vengono sbrigativamente definiti come “i mercati”) la conduzione degli affari più importanti e delle economie di intere nazioni, da cui dipende il destino di tutti noi. La soluzione quindi più semplice sarebbe quella di togliere a questi uomini poco dotati la capacità di influenzare la  politica e cercare per quanto possibile di limitare i danni, relegandoli nelle loro ville e nei loro uffici a svolgere mansioni più adatte alle loro competenze. Insomma le scimmie continuino pure a giocare con le loro monetine, ma si tengano alla larga dai palazzi istituzionali e dai ministeri e soprattutto facciano scommesse su eventi o andamenti di indici che non siano in qualche modo collegabili direttamente o indirettamente alla vita della maggioranza di persone di questo pianeta. Perché lasciandoli fare, così come abbiamo fatto negli ultimi trenta anni, non possiamo poi stupirci che il mondo sia in preda al panico e al caos generalizzato. Cosa volevate aspettarvi da scimmie perlopiù malate? Che all’improvviso venissero illuminate dalla fiamma del genio o dalla luce della santità? Più che starli a seguire o ascoltare come eminenti personaggi che sanno il fatto loro, bisognerebbe indirizzarli da bravi specialisti e aiutarli a guarire dalla loro malattia e dipendenza dal denaro, perché in fin dei conti faremmo sia il nostro che il loro bene.


Ma torniamo a noi, alle vicende di casa nostra e del nostro teatrino. Siamo a Bruxelles, capitale burocratica, politica ed economica dell’Unione Europea, dove circolano ogni giorno centinaia se non migliaia di studi, ricerche, documenti per dimostrare cosa bisognerebbe fare per rilanciare l'economia comunitaria e far ripartire il carrozzone sgangherato dell’unione monetaria più sbagliata del mondo. Secondo i dati della stessa commissione europea, a Bruxelles hanno sede circa 5600 lobbies, comitati d’affari, associazioni di categoria, gruppi di interesse e lavorano stabilmente più di 15000 lobbisti professionisti. Queste persone non stanno tutto il giorno con le mani in mano, ma girano ininterrottamente da un ufficio all’altro, da una commissione a quella successiva, per fare pressione sui burocrati e colleghi europei (ad esclusione dei parlamentari che hanno scarsa voce in capitolo, i funzionari e tecnocrati europei non sono mai stati eletti democraticamente alla loro carica e provengono quasi tutti dal mondo delle grandi corporazioni e potentati economici) e portare all’attenzione dei legislatori le rivendicazioni di loro pertinenza.


Chi lavora per le multinazionali farmaceutiche cercherà di far passare una direttiva sull’uso di una certa medicina o cura, chi lavora per le società energetiche porterà ai commissari dei programmi ben definiti per una migliore distribuzione e ristrutturazione del settore, chi lavora per le società finanziarie o le banche indicherà ai funzionari europei quali sono le migliori strade da percorrere per uscire dalla crisi. Quando si parla di Unione Europea, bisogna quindi avere sempre la capacità di trascendere dai concetti fumosi o ideali astratti con cui hanno rimbecillito diverse generazioni di inermi cittadini e guardare a questa istituzione per quello che è ed è sempre stata: un enorme, immenso, brulicante comitato d’affari, dove all’ordine del giorno non si discute di diritti, benessere collettivo, sviluppo sostenibile o altre balle varie, ma di soldi, affari, profitti, interessi di questa o quella categoria.


Sia chiaro che questa struttura istituzionale non è casuale, ma discende da una arcinota teoria economica neoliberista, neoclassica, neomercantilista secondo cui lavorare per rendere più efficienti e produttivi i mercati significa indirettamente fare il bene dei singoli cittadini e lavoratori, che potranno accumulare redditi sufficienti per rinforzare e rinvigorire con i loro consumi i profitti dei mercati stessi. In pratica i mercati e i lavoratori devono sostenersi a vicenda in modo spontaneo e naturale, come se vivessero in apparente simbiosi, relegando in un angolo la politica, l’etica, il diritto, la collegialità (quello che noi comunemente chiamiamo Stato Democratico) e limitando tutti quegli interventi che possono danneggiare il libero commercio sulla base di premesse esterne al purismo economico. 


Capite bene però che una tale impostazione di massima può funzionare senza traumi in un periodo di grande espansione generale o parziale di un singolo settore, mentre si inceppa non appena accade una crisi globale come quella attuale che coinvolge indistintamente tutti i settori e tutte le categorie. Un evento remoto, non contemplato dalla cultura del mercato, che in breve tempo ha messo in subbuglio tutti i piani, i programmi, i progetti, i centri studi. I lobbisti hanno triplicato le loro energie nella corsa forsennata da un ufficio all’altro, i funzionari colti da ansia e frenesia organizzano un vertice europeo dopo l’altro perchè temono un ritorno in grande stile della politica, le scimmie scommettono senza sosta ora sull’uno ora sull’altro esito della crisi per fare qualche profitto speculativo a breve termine, aggravando la situazione e aumentando quel senso di incertezza, instabilità e sfiducia che ormai aleggia sull’intera Unione Europea da quasi quattro anni.


Ora, fra le tante ricerche, analisi, soluzioni, consigli accorati, panacee al male incurabile europeo che girano da parecchi mesi fra le scrivanie di Bruxelles, merita una certa attenzione lo studio elaborato dagli esperti finanziari ed economici del colosso bancario tedesco Deutsche Bank, dove in estrema sintesi viene mostrato come la privatizzazione e la svendita del patrimonio pubblico dei singoli stati nazionali potrebbe essere una buona strada, se non l’unica, per abbattere il debito e far ripartire la crescita e la fiducia nei mercati. Riporto di seguito l’intero articolo scritto da Salvatore Cannavò e pubblicato su Il Fatto Quotidiano, dove viene brevemente descritto il documento degli analisti della Deutsche Bank, da cui partiremo per fare alcune considerazioni di carattere generale.


"Un piano di dismissione gigantesco, proporzionale a quello che coinvolse la ex Germania dell’Est dopo la riunificazione del 1990. E’ questa la richiesta che la Deutsche Bank ha fatto all’Europa, e in particolare al governo tedesco, in un suo rapporto di qualche mese fa e che solo ora abbiamo potuto leggere. Il documento è del 20 ottobre 2011 e si intitola “Guadagni, concorrenza, crescita” ed è firmato da Dieter Bräuninger, economista della banca tedesca dal 1987 e attualmente Senior Economist al dipartimento Deutsche Bank Research.


Un testo importante perché aiuta a capire meglio cosa sono “i mercati finanziari”, chi è che ogni giorno boccia o promuove determinate politiche di questo o quel governo. La richiesta che è rivolta direttamente alla cosiddetta Troika, Commissione europea, Bce e Fmi è quella della privatizzazione massiccia e profonda del sistema di welfare sociale e di servizi pubblici per un valore di centinaia di miliardi di euro per i seguenti paesi: Francia, Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda. Il rapporto stretto con gli “attacchi” dei mercati internazionali si vede a occhio nudo.


Gli autori del rapporto hanno come modello di riferimento per questo piano di privatizzazione il vecchio Treuhandanstalt tedesco (l’Istituto di Gestione fiduciaria che, tra il 1990 e il 1994 garantì la dismissione di cira 8000 aziende dell’ex Ddr soprattutto a vantaggio delle imprese dell’Ovest). Stiamo parlando di un valore patrimoniale di 600 miliardi di marchi tedeschi del 1990 secondo le stime ufficiali, circa 307 miliardi di euro attuali. Nonostante quell’agenzia abbia terminato il suo lavoro con una perdita di 256 miliardi di marchi, lo schema viene riproposto nel documento Deutsche Bank – e a giudicare dalle intenzioni, anche dai progetti governativi: “La situazione difficile sui mercati finanziari non è un ostacolo – scrive il rapporto. Una modalità consisterebbe nel trasferire gli attivi a un’agenzia incaricata esplicitamente di privatizzazione. Questa potrebbe in seguito, a seconda della congiuntura dei mercati, scaglionare la vendita nel tempo”. Si mette tutto in un fondo comune, dunque, senza fare di questa o quella privatizzazione l’emblema del progetto, in modo da non sapere più cosa e quando viene venduto, aggirando eventuali opposizioni.


Il capitolo che riguarda l’Italia è molto dettagliato, al pari di quelli degli altri stati. Dopo aver fatto una breve disamina della situazione pregressa – dall’Iri alle privatizzazioni di Telecom e delle altre grandi aziende - il documento ammette che “lo stato nel suo complesso nel corso dell’ultimo decennio si è ritirato in modo significativo” da diversi settori. Però esistono ancora “potenziali entrate derivanti dalla vendita di partecipazioni in grandi aziende”. Almeno 70-80 miliardi. Ma “particolare attenzione meritano gli edifici pubblici, terreni e fabbricati. Il loro valore è stimato dalla Cassa Depositi e Prestiti per un totale di 421 miliardi”. E, si aggiunge, “la loro vendita potrebbe essere effettuata relativamente con poco sforzo”.


Secondo i dati ufficiali, è di proprietà dello Stato (comprese le regioni, i comuni) un patrimonio complessivo di 571 miliardi, ossia quasi il 37% del Pil”. Quindi, non si tratta di vendere solo qualche quota di Eni o Enel ma interi pezzi del patrimonio pubblicoin particolare l’approvvigionamento di acqua”, misura che appare “utile” soprattutto per via delle “enormi perdite, fino al 30%, dell’acqua distribuita”.


In effetti il testo dedica molto spazio ai servizi pubblici, non solo l’acqua pubblica: “A differenza delle telecomunicazioni, certe parti del settore energetico e dei trasporti (innanzitutto ferroviari) sono ancora suscettibili di privatizzazioni radicali e di una deregolamentazione, da condurre nell’insieme dell’Europa”. E nel testo non c’è alcun imbarazzo a scrivere che “in principio, la privatizzazione di servizi pubblici di interesse generale presenta dei vantaggi, come ad esempio l’approvvigionamento d’acqua, la gestione delle fognature, l’assistenza sanitaria e le attività non statali dell’amministrazione pubblica”.


Oltre all’Italia, come detto, il rapporto si occupa di altri paesi. La Francia, ad esempio dovrebbe avere circa 88 miliardi di euro di beni capitalizzabili sul mercato, il 4,6% del Pil ma, spiega la Deutsche Bank, “l’intervento statale nell’economia va oltre queste cifre”. Ci sono le infrastrutture, le centrali idroelettriche a partire dall’Edf che è di proprietà statale e ampi spazi del settore bancario. Per quanto riguarda la Spagna, l’accento è posto sulla vendita di aeroporti, sui servizi di navigazione, i cantieri navali, le Poste, le ferrovie. Infine, per quanto riguarda la Grecia, si ricorda che gli impegni presi dal paese nei confronti della Troika riguardano il 22% del Pil, circa 50 miliardi di euro di privatizzazioni. Ma, si sottolinea, “lo Stato controlla il 70% del Paese”, quindi c’è ancora molto da fare."


Come vedete i faccendieri, gli affaristi e le scimmie che gravitano intorno ai palazzi istituzionali di Bruxelles hanno le idee molto chiare sulle soluzioni per risolvere la crisi: se uno stato è indebitato, non mi interessa tanto il modo lecito o illecito con cui si è formato quel debito, ma che venga rimborsato subito, in fretta, hic et nunc, senza stare a tergiversare troppo sui dettagli. Ma la cosa più curiosa è l’insistenza per quanto riguarda l’Italia sulla necessità di privatizzare il settore di approvvigionamento pubblico dell’acqua, nonostante tutti, esperti e non, sappiano che il popolo italiano abbia già espresso la sua volontà sovrana di mantenere pubblico il servizio idrico con la vittoria nel referendum plebiscitario del 12 e 13 giugno del 2011. La mancata citazione del risultato referendario dimostra ancora una volta, qualora fosse necessario, quale scarsa considerazione abbiano i faccendieri, e in particolare i banchieri, per le scelte collegiali e democratiche che vengono prese dal basso, dalla cittadinanza: praticamente zero. Non contano, sono inutili, devono servire soltanto a dare l’illusione al popolo di vivere ancora in uno stato democratico, ma a livello sostanziale non valgono nulla, perché i cittadini sono ingenui, non sanno come funzionano gli affari e non capiscono che solo gli addetti ai lavori, gli economisti, gli analisti finanziari conoscono a menadito quali azioni intraprendere nell’interesse individuale e collettivo. E infatti, vediamo ogni giorno con i nostri occhi i risultati di queste loro straordinarie capacità organizzative, dirigenziali e strategiche: un fallimento completo, globale, epocale su tutti i fronti.


Ma perché gli affaristi e i banchieri sono così interessati all’acqua? E’ chiaro che in un periodo di crisi generalizzata, in cui cala il valore sia dei beni finanziari che dei beni reali, avere un settore a rendimento sicuro su cui dirottare gli investimenti sarebbe una manna dal cielo per tutti i faccendieri di cui sopra. Essendo un bene e un bisogno primario, il consumo dell’acqua non potrà contrarsi drasticamente né ora né mai, né in tempo di crisi che di abbondanza. L’acqua rappresenta in pratica un vero e proprio bene rifugio per tutti quelli, banche comprese, che negli ultimi anni hanno dovuto contabilizzare perdite su perdite e vedere scemare i profitti: sulla gestione dell’acqua italiana si butterebbero a capofitto gli affaristi di tutta Europa e di tutti i settori, che sono gli stessi che poi mandano a Bruxelles i propri avamposti per mettere pressione sui commissari e funzionari europei.


Da notare fra l’altro che secondo l'economista al soldo della banca tedesca questo interessamento quasi ossessivo nei confronti dell’acqua pubblica non è legato ai profitti certi che se ne possono ricavare, ma ad una ragione quasi filantropica di miglioramento del servizio pubblico italiano che è in effetti un colabrodo e perde acqua da tutte le parti (in senso letterale e non metaforico). L’idea però di concedere allo stato italiano i sacrosanti finanziamenti fuori bilancio e privi di debito, tramite l’intervento di creazione dal nulla di denaro da parte della BCE, per migliorare e mantenere le infrastrutture del servizio idrico nazionale non è venuta mai a nessuno. Per carità, gli interventi statali spiazzano gli investimenti privati e il mercato a quello deve tendere, alla massimizzazione dei profitti dei privati, tutto il resto non interessa. La tutela dei diritti fondamentali e del benessere dei cittadini è qualcosa di antico, nostalgico, ottocentesco, una variabile che non rientra né nelle rendicontazioni né nelle accurate analisi degli studiosi di turno, perché se lo stato di protezione sociale (acqua, sanità, ambiente, istruzione, trasporti) non viene gestito a monte da un ente privato rischia di fornire profitto soltanto a chi usufruisce del servizio e non a chi lo eroga: uno smacco inaccettabile per i faccendieri.


E qui in Italia i nostri esperti di economia al servizio della politica avevano lavorato bene ai fianchi sia gli interlocutori di centrodestra che di centrosinistra, mettendo a punto già nel 2006 un decreto legge (articolo 154) e poi nel 2008 delle disposizioni urgenti in materia di sviluppo economico sia per privatizzare che per assicurare “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito” nel settore dell’acqua, così come più volte sollecitato da Bruxelles dalla stessa commissione europea. Ormai sappiamo bene che i nostri politici di governo, di qualunque partito o ideologia, lavorano alacremente per distruggere dalle fondamenta il nostro paese da almeno trenta anni e la svendita dell’acqua pubblica sarebbe stato solo l’ultimo passaggio di un lungo processo. Per la cronaca il ministro per l’economia Tremonti aveva stabilito in accordo con l’opposizione che il rendimento garantito per chi avesse avuto una quota di partecipazione nelle società private di gestione dell’acqua doveva essere all'incirca del 7%: niente male, in un periodo di crisi, trovare un’attività a rischio nullo con un fattore fisso di remunerazione così alto.


Tutte le grandi imprese europee, comprese le banche come la Deutsche Bank, già sgomitavano per entrare in questo affare. Ovviamente nessuno dei fanatici devoti del libero mercato è stato turbato da questa evidente stortura del canone dottrinale, dato che il prezzo di erogazione di un servizio dovrebbe essere commisurato in base alla normale fluttuazione della domanda e dell’offerta e da questo equilibrio dovrebbe dipendere il profitto ricavabile. Cosa volete, quando si tratta di arraffare soldi a man bassa nessuno si cura più di queste sottigliezze accademiche: il libero mercato va benissimo finché intralcia gli interessi pubblici e non ostacola quelli privati, in caso contrario la deroga è d’obbligo, perché la verità non si trova mai nei libri di economia classica o nelle aule universitarie ma nei portafogli e nei conti in banca di chi ha dedicato tutta la sua vita alla predazione, allo sfruttamento, alla creazione di monopoli e posizioni dominanti e alla speculazione fine a se stessa.   


Tuttavia, come già sappiamo, il meccanismo si inceppa in modo inopportuno e poco preventivabile ad aprile del 2011, quando grazie ai movimenti spontanei dei cittadini, supportati sia dentro che fuori il parlamento dal partito di Antonio Di Pietro l’Italia dei Valori, viene raggiunto il numero legale di firme per indire due referendum abrogativi (tre con quello sul nucleare) e interrompere il percorso parlamentare di approvazione dei decreti attuativi. Ricordiamo che fino a quel momento l’Italia si era tenuta ben lontana dalla crisi finanziaria che aveva coinvolto i paesi della periferia come Irlanda, Portogallo, Grecia ed i suoi titoli di stato erano ancora molto quotati viaggiando tranquilli con uno spread fra i 50-100 punti base di differenza rispetto ai solidissimi bund tedeschi. Come ripeteva spesso il ministro Tremonti l’Italia aveva i conti in ordine perché rispetto agli altri spendaccioni paesi europei riusciva a raggiungere con facilità un avanzo primario di bilancio (vedi grafico sotto) e il suo enorme debito pubblico da €2000 miliardi era ampiamente solvibile: nessun investitore sano di mente poteva pensare che fra patrimonio pubblico e risparmi privati l’Italia non riuscisse a garantire questa cifra.






Eppure, qualche giorno dopo la vittoria referendaria dei cittadini italiani contro i politici canaglia e i faccendieri ingordi, comincia puntuale e inesorabile l’attacco ai titoli di stato italiani, come se improvvisamente gli investitori internazionali avessero cambiato idea sull’Italia e si fossero accorti della fragilità del tessuto produttivo ed economico italiano (guardare grafico sotto con lo spread che comincia gradualmente a salire da aprile e poi si impenna a partire da luglio 2011). In realtà sono soprattutto le banche tedesche a mettersi di traverso e a vendere all’ingrosso grandi quantità di titoli italiani e indovinate qual è stata la banca a smobilitare per prima? La Deutsche Bank. In una maniera o nell’altra i conti tornano sempre, perché quando un enorme colosso bancario come la Deutsche Bank inaugura una politica ribassista così spinta su un particolare titolo, è quasi scontato che tutti gli altri investitori piccoli, medi e grandi la seguano a ruota per evitare di rimanere gli ultimi con il cerino in mano. In gergo questo fenomeno spontaneo di mobilitazione teleguidata delle mandrie di operatori finanziari si chiama il parco buoi, come dire che le scimmie isteriche se vengono fissate bene negli occhi mostrano spesso un insospettabile sguardo bovino.






Come vedete, queste non sono teorie del complotto, ma semplici deduzioni ed evidenze di fatto, per capire meglio come ragionano questi famosi mercati di cui sentiamo tanto parlare, che facendo scommesse e indirizzando gli investimenti, impattano poi sulla vita di tutti noi. Gli scimpanzé tedeschi, che già avevano dovuto subire grosse perdite con il deprezzamento dei titoli greci, portoghesi, irlandesi, non hanno digerito l’affronto del popolo italiano, che abrogando i decreti sulla privatizzazione dell’acqua ha tolto loro un’ottima fonte di guadagno a buon mercato, e sospinti dal livido rancore hanno pilotato la rivolta di tutte le altre scimmie disseminate nel pianeta all’interno delle società finanziarie, banche d’affari, fondi pensione, fondi sovrani. Come abbiamo tristemente appurato in questi ultimi mesi in Italia, lo spauracchio dello spread è un’arma di ritorsione incredibile che è stata sciaguratamente messa nelle mani delle società finanziarie e non finanziarie per piegare le decisioni sovrane degli stati dell’eurozona e la nostra colpa è stata purtroppo quella di lasciare che i politici europeisti di ogni epoca e di ogni partito armassero indisturbati tali eserciti contro noi stessi, togliendo qualunque forma di sovranità monetaria allo stato e diventando tragicamente succubi dei mercati.   


A quel punto, dopo la tempesta finanziaria estiva, il governo Berlusconi era già spacciato, perché il cavaliere aveva dimostrato agli occhi del mondo e soprattutto dei colleghi faccendieri di non avere più la capacità indispensabile per un politico tycoon come lui di orientare l’opinione pubblica italiana e di manipolare l’informazione di massa. Berlusconi, che è stato da sempre un personaggio innocuo che non dava fastidio a nessuno e fra un decreto ad personam e l'altro riusciva spesso ad infilare qualche leggina ad hoc per affaristi e palazzinari, non serviva più alla causa e poteva essere gettato via come una pila esaurita. Se il governo del cavaliere fosse invece riuscito a far passare sotto silenzio i decreti legge sulla privatizzazione dell’acqua, è molto probabile che sarebbe riuscito a vivacchiare ancora per qualche mese, prima di incassare magari la sfiducia per via parlamentare. Il ministro Tremonti, molto più avvezzo di Berlusconi alla cultura e alla frequentazione di certi ambienti, aveva capito che la sconfitta referendaria equivaleva ad una capitolazione certa e non a caso già dall’inizio di quella stessa estate si era defilato dalla linea di resistenza ad oltranza di Berlusconi.


A riprova di questa ricostruzione degli eventi, dopo la famosa lettera della BCE al governo Berlusconi del 5 agosto con i compiti da svolgere a casa, il 4 novembre del 2011 è la volta del commissario europeo per gli affari economici Olli Rehn che invia direttamente al ministro Tremonti un corposo questionario con 39 domande sulle prossime misure da attuare in tema di riforma pensionistica, flessibilità del lavoro, privatizzazioni, liberalizzazioni a cui pretendeva una risposta a stretto giro di posta. Alla domanda numero 25 guardate un po’ cosa spunta: “È possibile ottenere maggiori informazioni che spieghino quali provvedimenti di riforma si pensa di varare nel settore delle acque, malgrado i risultati del recente referendum?


Inutile ribadire che il ripugnante commissario finlandese non avrebbe mai dovuto fare questa domanda se avesse avuto un minimo di rispetto per la decisione sovrana e democratica del popolo italiano che già si era espresso abbastanza chiaramente sul tema: quali riforme bisognava fare nel settore idrico nazionale? Gli italiani avevano già urlato a gran voce che l’acqua doveva rimanere un bene comune di gestione pubblica. Stop, discorso chiuso. Perché insistere ancora in modo così ossessivo? Ma soprattutto, fra tutti i problemi della nostra nazione, vuoi vedere adesso che  il servizio di distribuzione dell’acqua è davvero una questione così cruciale, più importante della mancanza di lavoro, della carenza di investimenti, dei fallimenti a catena delle piccole e medie aziende, dei terremoti, del dissesto idrogeologico? Per quel che purtroppo abbiamo potuto constatare negli ultimi mesi, molti nostri connazionali sono morti annegati nelle alluvioni o strozzati dai debiti, ma non assetati. Quindi oggi non dovrebbe essere la rete idrica, che comunque necessiterà prima o dopo di un’opera straordinaria di manutenzione, una nostra priorità nazionale.


Ma qui torniamo al punto iniziale del nostro discorso sul significato del ruolo e delle prerogative di uno stato democratico incastrato in questo immenso comitato d’affari chiamato Unione Europea. I diritti, il benessere, le tutele, le priorità di un intero popolo in teoria sovrano valgono infinitamente meno rispetto agli interessi e alle smanie patologiche di una ristretta casta di affaristi che ormai tiene sotto assedio quelle che dovrebbero essere le nostre istituzioni di riferimento sia a livello nazionale che comunitario. E siccome il diavolo si nasconde nei dettagli vi chiedo di prestare molta attenzione al suono sinistro della preposizione “malgrado” associata al risultato del voto referendario, perché non ci vuole di certo un epistemologo o un semiologo per capire che per i funzionari europei (la cui carriera dipende molto di più dai risultati forniti alle grandi corporazioni private che non dal consenso popolare e solo ai primi devono rendere conto del loro operato) e per i colleghi lobbisti l’esito così perentorio dello scrutinio italiano è stato un incidente di percorso non previsto, un intoppo, un intralcio.


Se qualcuno nutre ancora dei dubbi sulla considerazione che gli eurocrati hanno della volontà democratica di un popolo, deve rileggere più volte il testo della domanda 25 e non dovrà stupirsi se poco dopo la domanda in questione suonerà pressappoco così: “anche se questi scocciatori italiani hanno votato liberamente e secondo coscienza un referendum in cui chiedevano che l'acqua restasse pubblica, volete spiegarci signori ministri italiani come intendete aggirare questa seccatura del voto referendario per consentire agli affaristi europei e globali di speculare sulle spalle dei vostri cittadini con la privatizzazione dell'acqua?


Per fortuna la domanda è rimasta ancora senza risposta perché il ministro Tremonti non ha avuto il tempo di iniziare a scrivere l’intestazione della lettera che già il governo Berlusconi era stato travolto e costretto a dimettersi dall’uragano degli spreads. Il  suo successore, il presidente del consiglio fantoccio Mario Monti, che conosce bene i palazzi di Bruxelles avendoci lavorato ininterrottamente dal 1994 al 2004 come commissario alla concorrenza e la mentalità dei faccendieri essendo membro di prim’ordine di comitati d’affari come il Gruppo Bilderberg, la Commissione Trilaterale, il Bruegel, ha già accennato qualcosa circa la necessità di privatizzare l’intero settore idrico nazionale (che a livello locale già presenta dei casi di gestione mista pubblica-privata o solo privata) per fare cassa e rimborsare i debiti.



Ma è chiaro che Monti, essendo stato addestrato a dovere durante le centinaia di convegni e conferenze a cui ha partecipato, premerà sull’acceleratore soltanto quando la situazione nazionale peggiorerà ulteriormente e la proposta di privatizzazione dell’acqua verrà presentata all’opinione pubblica come unica alternativa al fallimento (shock economy). A quel punto e solo allora non sarà difficile immaginare che le grida di protesta dei movimenti per la difesa dell’acqua pubblica verranno soffocate dalle urla disperate di panico della propaganda di regime e dalla conseguente isteria collettiva di coloro i quali ancora non hanno capito in quale gioco perverso sono stati imprigionati.   



  

37 commenti:

  1. salve
    non so se lo avete già visto, ad ogni modo:

    CatasTroika
    http://www.youtube.com/watch?v=Koa1SWGHhnM

    documentario greco molto chiaro sul meccanismo di predazione, ben oliato e testato, che "lorsignori" hanno in serbo per noi

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    1. Grazie per la segnalazione...non avevo visto ancora visto il documentario che guarderò quanto prima, anche se temo che la predazione italiana, così come è avvenuta negli anni passati, non sarà repentina e traumatica come in Russia, ma avverrà lentamente nel silenzio più assoluto, perchè la fine che vogliono farci fare è quella di una lenta agonia per asfissia, e non certo quella improvvisa e violenta, che potrebbe risvegliare dal torpore i moribondi italiani...

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    2. esattamente. infatti parte dai "worst cases" russia e germania est proprio per evidenziare il filo rosso che collega gli adattamenti alle varie nazioni parassitate

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    3. Ottimo documentario che consiglio a chiunque di vedere...oltre ai cenni storici su Cile, Russia, Germania, Gran Bretagna spiega benissimo cosa sta accadendo in Europa oggi con i faccendieri all'attacco dei settori tradizionalmente a gestione statale (energia, acqua, trasporti)...si conferma dunque la teoria secondo cui l'Unione Europea oggi non è altro che un immenso comitato d'affari, dove i grandi gruppi industriali coadiuvati dalle istituzioni europee cercano di arraffare i beni comuni degli stati che sono stati pagati in passato con il sudore, il lavoro, le tasse dei cittadini...

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  2. Percio' il nostro supino coinvolgimento il Libia non e' bastato ingraziarci questi solleciti funzionari . Ci vuol altro. Mi sembra molto convincente questa tua ricostruzione. Altrattanto interessante e' quella di Giacche' che spiega il risveglio tumultuoso dello Spread con l'accoglimento da parte del governo Berlusconi del Fiscal Compact che data allo stesso periodo. secondo Giacche' i mercati avrebbero inteso questo provvedimento come un colpo letale al sistema italiano che avrebbe ucciso il debitore. Questa idea e' suggestiva . che ne pensi ? Proseguendo con i disperati tentativi di agguantare un'ancora di salvezza....ti riporto questo trafiletto tratto da suddeutsche Zeitung, che mi ha molto stupita "Il capo della Bundesbank Weidmann respinge la richiesta italiana di finanziamento attraverso il Fondo Salva Stati, la richiesta fatta dal Primo Ministro Monti equivarrebbe ad un finanziamento dello stato attraverso la stampa di moneta. L'Italia ha gia' cercato di finanziariarsi con lo stesso metodo negli anni 70- senza riuscirci." E piu' avanti " La richiesta di Monti si scontra con il divieto di finanziamento attraverso la stampa di moneta, stabiliti dai trattati UE". FINANZIAMENTO DELLO STATO ATTRAVERSO LA STAMPA DI MONETA !!! Ti pare possibile che un bocconiano
    di ferro abbia chiesto una cosa che rappresenta per le sue convinzioni un'eresia inaudita ?

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  3. Titolo del post " Weidmann boccia Monti" Vedrai che perle....

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    1. Figurati se il bocconiano Monti metterebbe mai mani alla stampante di moneta per il bene dell'Italia... al contrario cerca un metodo per non farla implodere di schianto e dissanguarla goccia a goccia...la proposta avanzata da Monti sarebbe quella di far acquistare i titoli di stato ai fondi EFSF o ESM (visto che la BCE non vuole comprarli più...), in modo da far abbassare rendimenti e spread e ridare all'opinione pubblica la sensazione che tutto si sia normalizzato, e così riprendere il lavoro che Monti sa fare meglio: rimborsare i creditori a qualunque costo e a qualunque prezzo...l'ossessione di Monti sono soltanto gli spreads, troppo alti per fare il lavoro sporco senza rischiare di far saltare tutto in aria prima del previsto...ma i tedeschi però protestano perchè questo modo di finanziare gli stati sarebbe molto simile a quello di uno stato normale con una sua normale banca centrale che compra il suo debito...cosa che la Germania non vuole assolutamente, perchè è sullo stato d'eccezione e di anormalità dell'eurozona che si fonda il suo successo...tuttavia nel trattato di fondazione del MES è chiaramente riportato che questa nuova banca può comprare secondo la necessità titoli di stato dei paesi più a rischio, quindi non so come faranno i tedeschi a conciliare queste loro posizioni con l'accordo per il MES...la ricostruzione di Giacchè non mi convince tanto perchè il Fiscal Compact è una garanzia ulteriore per tutti i creditori (non credo che questi ultimi si facciano particolari scrupoli se uno stato fallisce oppure no, o facciano questo tipo di considerazioni, l'importante è che uno stato paghi i suoi debiti prima possibile, tutto ciò che accadrà in seguito non gli interessa...) e non si spiegherebbe il motivo per cui sia stata la Deutsche Bank la prima grande banca mondiale a svendere all'ingrosso titoli italiani, visto che il Fiscal Compact è un accordo fortemente voluto dai tedeschi...

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  4. Senz'altro non saranno complottisti né cospiratori quelli del Bilderberg, però hanno naso a invitare le persone giuste, come, quest'anno, oltre la Gruber, Bernabè, Conti (Enel), John Elkann, anche il piddino Letta

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    1. Hai detto la parola giusta: naso. Perchè questi gestori di organizzazioni come il Bilderberg hanno solo fiuto per gli affari e nient'altro...e di volta in volta sanno individuare sempre le persone giuste che possono fare al caso loro e difendere i loro interessi...se proprio di complotto o cospirazione si vuole parlare questa è sempre danno dei cittadini e dei consumatori, perchè alla fine la tendenza di chi gestisce grosse aziende è sempre quella di creare grossi trust, cartelli, monopoli con il supporto della politica e dell'informazione... alla faccia del libero mercato!!!!

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  5. Il deficit di democrazia nell'Unione Europea è assolutamente grave, a mio parere molti dei problemi economici, e non solo, dipendono proprio da quello. L'economia lasciata a sé stessa diventa preda di squali, politici e non

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    1. La politica in molti casi con il suo malaffare e la sua corruzione ha dato l'alibi agli squali per privatizzare tutto ciò che veniva gestito malamente dalle amministrazioni pubbliche...se gli enti statali fossero stati gestiti dignitosamente sarebbe stato molto difficile per le grandi multinazionali o gruppi finanziari dimostrare la necessità di privatizzare...politici e faccendieri sono andati sempre a braccetto in questo senso, e in verità sono spesso le stesse persone che entrano ed escono con disinvoltura dal pubblico al privato, difendendo gli interessi di pochi gruppi industriali e ignorando le necessità della cittadinanza...nessun partito fa eccezione da questo punto di vista...a parte ovviamente i movimenti extra-parlamentari...

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    2. chiedo scusa al gestore del blog ma quando vedo certe cose devo fare delle citazioni:

      "[...]I campi di battaglia quotidiani sono fisco, lavoro, vincoli, infrastrutture e non il nuovo, i mercati, la tecnologia. Lo Stato è l'avversario.[...]"
      "Dare nuovo impulso alle liberalizzazioni dei mercati, dei servizi e delle professioni, ed accelerare le privatizzazioni. Le regole per liberalizzare i mercati dei settori da privatizzare dovranno essere emanate prima delle dismissioni, senza precostituire assetti azionari o contrattuali, o golden shares."
      "Definire progetti e priorità per le infrastrutture che sono strategiche per il settore produttivo, sia reali che virtuali (portali Internet, reti telematiche). Dovranno prevedere project financing e svincolo dalle norme restrittive in vigore."

      Nicolò Sella di Monteluce (sen. Forza Italia 1996-2001)
      http://www.selladimonteluce.it/Lettera_agli_imprenditori.htm

      ...mi astengo dal commentare

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    3. Diciamo che io ho cercato di essere un pò più diplomatico ma il concetto è lo stesso...ma una cosa mi sento di dire: non tutti i politici o gli ex-politici sono in malafede, ma a volte non riescono a capire qual è la reale partita che si sta giocando...Berlusconi che viene accusato di essere un populista e un demagogo dai soliti politicanti benpensanti di sinistra, rischia forse a sua insaputa, con la battaglia di uscita dall'euro, di essere l'ultima ancora di salvezza dell'Italia insieme a Grillo, perchè se la lasciamo fare alla sinistra e alla sua retorica falsa e accattona sugli Stati Uniti d'Europa siamo praticamente spacciati...quindi le folgorazioni sulla via di Damasco sono bene accette da chiunque e da qualunque partito provengano...

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  6. percio' la Deutsche Bank per prima e poi tutti gli altri hanno venduto all'ingrosso grandi quantita' di titoli italiani....una cosa che mi chiedo sempre....ma quando avvengono queste vendite massicce chi sono i pazzi che comprano? Capisco non rinnovare, ma come fanno a vendere tutti insieme?

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    1. Questione di prezzo...quando abbassi il prezzo di vendita di un certo titolo prima o dopo qualcuno che compra lo trovi sempre...magari molto spesso sono anche gli speculatori che hanno strategie a breve, brevissimo termine, acquistando i titoli quando il valore si abbassa e tentando poi di rivenderlo quando il titolo riprende a crescere, magari dopo poche ore o minuti dall'acquisto...anche fondi sovrani e pensione agiscono spesso così, perchè avendo tanti soldi da movimentare, per loro anche uno scarto di pochi punti base corrisponde ad un enorme guadagno...non dimenticare mai che stiamo sempre parlando di scimmie psicopatiche: e se esiste qualcuno che lanciando la monetina scommette sul ribasso, da qualche altra parte esisterà sempre qualcun altro che scommette sul rialzo...poi esiste sempre il caso che pur abbassando il prezzo di vendita, non trovi nessuno disposto a comprare e il titolo rimane lì sospeso in borsa, in attesa di un nuovo ribasso...io ho tentato di imparare qualche trucco del mestiere da alcuni traders, ma ti assicuro che dopo un pò vai fuori di testa davanti a quella lista infinita di titoli che cambiano valore ad ogni istante...qui non si tratta più di economia (perchè molto spesso neanche i traders sanno a quale azienda o fondo corrisponde un certo titolo), ma di puro, purissimo azzardo...

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  7. Piero sono molto interessato al grafico sullo spread che hai inserito nell'articolo.
    Sai dove posso trovare un grafico simile? lo hai fatto te ho lo hai trovato da qualche parte?
    a me interesserebbe un grafico sullo spread dal 2010 ad oggi, in particolare da quando c'è stata l'impennata.
    Ho cercato in giro ma non ho trovato nulla se non grafici ma a partire da novembre-dicembre 2011.

    Valerio Ermini

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    1. Valerio, purtroppo non riesco più a ritrovare il sito dal quale ho prelevato il grafico...io in genere faccio così: quando leggo un articolo interessante, ben fatto e attendibile, memorizzo il link e salvo il grafico in un'apposita cartella ITALIA, che poi utilizzo come fonte per riprendere i grafici che più mi interessano...se mi serve invece un particolare grafico che ancora non ho, faccio una ricerca su google prima in italiano e poi in inglese, quindi verifico la fonte e salvo il grafico...come parole chiave potresti usare: "spread BTP titoli di stato italiani bund tedeschi" o "spread italian government bonds 10y german government bonds"...

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  8. Captivity Demand...ci siamo arrivati.

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    1. Altro che libero mercato...qui come deve muoversi il mercato viene deciso a tavolino negli uffici di banche e grandi società...è l'ultima metamorfosi finale del neoliberismo prima della capitolazione (che attendiamo tutti con ansia!!!)

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  9. Condivido il tuo articolo Piero,....in questi giorni al summit che si terrà serviranno su un piatto d'argento le nostre acque...con la riforma del lavoro e altre cosette, in cambio di qualche insignificante iniziativa anti-spread...I colossi dell'energia ringraziano (specialmente Veolia....in gravissima crisi). A Berlino l'anno scorso, mi sembra, ci sia stato il referendum sull'acqua e il privato ha perso....In Germania rispettano il volere del popolo? Credo di si...
    Due link interessanti, forse fuori tema, ma interessanti:
    http://yanisvaroufakis.eu/2012/06/24/and-the-good-ship-greece-sails-on-letter-to-an-italian-colleague/ (mi sembra tradotto sul sito di ComeDonChisciotte)
    http://www.idealista.it/news/archivio/2010/06/09/08720-quanti-dipendenti-pubblici-ci-sono-europa-tabella (tabella forse vecchiotta ma sempre attuale...da consultare e riconsultare)

    Saluti Santo

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    1. Il fatto che la Germania faccia in casa tutto il contrario di ciò che impone all'estero ormai è una regola e non più un'eccezione...i tedeschi sono davvero straordinari in questo modo di affrontare le cose e avremmo solo da imparare da loro cosa significa amore per la propria nazione (purtroppo tutto questo amore nazionalistico porta spesso all'odio verso tutto ciò che si trova fuori dai confini del proprio stato...sentimento che noi italiani non potremo provare mai proprio perchè non amiamo la nostra nazione e quantomeno la amiamo molto meno di quanto un tedesco ama la Germania...)....ottimi gli articoli segnalati, che fanno riflettere ancora di più sul periodo di passaggio che stiamo vivendo e su tutte le menzogne che continuano a raccontarci...

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  10. http://www.dbresearch.com/PROD/DBR_INTERNET_EN-PROD/PROD0000000000281545/Revenue%2C+competition%2C+growth%3A+Potential+for+privatisation+in+the+euro+area.pdf

    da qui partono gli ordini caro Piero , pagina 9 e 10

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    1. Eh già...la realtà è molto più semplice di come noi spesso la immaginiamo: altro che complotti, questi sono soltanto quattro volponi affaristi che si siedono a tavolino per fare soldi sulle spalle degli altri...non ci vuole davvero molto per capire come ragionano, altro che complotti e nuovi ordini mondiali...grazie del link che avevo dimenticato di inserire nell'articolo...

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  11. Fuori tema....anni fa mi sono ripromesso di assistere partite di calcio solo a livello di "nazionale"...causa la decadenza morale e dagli eccessi economici in questo "ex bellissimo sport"..; ma dopo questa notizia è probabile che non guarderò manco più la nazionale...sicuro...un vero disgusto.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/27/denuncia-a-euro-2012-soldi-destinati-al-reparto-di-oncologia-pediatrica-di-kiev/275801/#disqus_thread

    Saluti Santo

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    1. Terrificante, non ci sono parole per descrivere ciò che hanno combinato in Ucraina... purtroppo essendo il calcio un grande business che fa girare tanti soldi, soffre di tutte le malattie di cui è infetto il mondo degli affari...cinismo e corruzione in primo luogo...avendo io un passato da calciatore dilettante e adorando questo sport fin da bambino, cerco di guardarlo appunto con gli occhi di un bambino: 22 ragazzi che inseguono una palla e finita la partita vanno sotto la doccia...tutto ciò che succede dopo, interviste, sponsor, trasmissioni, scommesse cerco per quanto possibile di non guardarle...

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  12. Oltretutto, la nazionale italiana è stata creata a tavolino per far passare, sull'onda emotiva di questi europei, una modifica della legge sulla cittadinanza.
    Che bello...

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    1. Ma dai??? Non mi dire adesso che Balotelli è uno sponsor per una nuova legge sulla cittadinanza...

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    2. Balotelli è italiano per Ius Sanguigni, dato che l'adozione, a norma di diritto romano, produce gli stessi effetti giuridici della figliazione diretta.
      Detto questo, dapiù parti (in particolare PD) si sfrutterà l'ondata emozionale per rendere più accettabile l'importazione di manodopera allogena.
      Bersani è arrivato al punto di proporre quello stupro psicologico che è lo Ius Soli.
      Siamo in ritardo di una 30ina di anni buoni rispetto alla Francia o alla GB, indi è giunto il momento di acelerare.

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